
Viviamo in una società che misura il successo in base agli obiettivi raggiunti. Ma raramente ci soffermiamo a chiederci da dove nasca davvero un obiettivo e perché alcuni riescano a raggiungerlo con determinazione, resilienza e senso, mentre altri si smarriscono lungo il percorso.
La risposta non sta tanto nell’obiettivo stesso, quanto nella presenza o assenza di uno scopo potente.
Scopo e obiettivo: due concetti diversi, ma strettamente legati
Dal punto di vista del counseling e del coaching, lo scopo non è un risultato da raggiungere.
È la fiamma iniziale, la direzione interiore, il perché che ci spinge ad agire.
In sociologia potremmo definirlo come un vettore di senso, un costrutto simbolico che dà coerenza alle scelte individuali in un mondo sempre più frammentato.
Lo scopo, dunque, è l’inizio di un processo decisionale, non la sua fine. È ciò che dà linfa vitale alla nostra motivazione. Mentre l’obiettivo risponde alla domanda "Cosa voglio ottenere?", lo scopo risponde a "Perché lo voglio ottenere?".
E quando questo perché è forte, il come diventa più chiaro e strategico, e i tempi di realizzazione si ottimizzano.
Chi ha vissuto e vive guidato da uno scopo potente?
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Viktor Frankl, psichiatra e sopravvissuto all’Olocausto, ne ha scritto nel suo celebre “L’uomo in cerca di senso”. Frankl notò che, nei campi di concentramento, coloro che sopravvivevano non erano i più forti fisicamente, ma quelli che avevano uno scopo. Questo senso dava loro la forza di resistere all’orrore. Lo scopo diventava salvezza.
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Elon Musk, figura contemporanea dirompente, non ha iniziato le sue imprese per arricchirsi. Il suo scopo dichiarato è sempre stato "salvare l’umanità da un futuro insostenibile". Che si condivida o meno la visione, è indubbio che un forte scopo abbia alimentato la sua capacità di innovare e affrontare il rischio.
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Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, ha trasformato la tragedia in uno scopo potente: l’educazione delle bambine nel mondo. Un obiettivo concreto, sì, ma radicato in un perché profondamente trasformativo.
Quando manca lo scopo: sintomi di una società che si smarrisce
L’assenza di uno scopo condiviso o individuale si manifesta oggi in modo evidente:
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Crescente disagio giovanile, in cui molti ragazzi dichiarano di non sapere cosa vogliono fare “da grandi”. Ma il problema non è l’assenza di idee, bensì la mancanza di una narrazione interna significativa, uno scopo a cui agganciare le proprie azioni.
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Fenomeni di burnout e quiet quitting nel mondo del lavoro: persone che vivono le giornate in modalità automatica, scollegate dal senso del proprio fare. Quando il lavoro è solo un fine per ottenere uno stipendio e non un mezzo per contribuire a qualcosa di più grande, la motivazione si spegne.
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Declino della partecipazione civica: se non sentiamo più di appartenere a qualcosa, se non abbiamo uno scopo comunitario, anche l’impegno collettivo perde attrattiva.
Scopo come leva di coaching e counseling
Nel coaching, definire lo scopo è spesso il primo passo verso il cambiamento.
È l’elemento che trasforma il semplice desiderio in volontà sostenibile nel tempo.
Nel counseling sociologico, lo scopo si intreccia con i significati culturali e relazionali della persona: si cerca ciò che dà senso al vivere, non solo al fare.
Conclusione: riscoprire lo scopo per evolvere davvero
In tempi di crisi identitaria e accelerazione digitale, tornare a coltivare uno scopo profondo e personale non è un lusso, ma una necessità. È ciò che può farci vivere in modo più autentico, migliorare la qualità delle nostre relazioni, e guidarci verso obiettivi coerenti con chi siamo e con il mondo che vogliamo costruire.
Darsi uno scopo oggi significa investire nel nostro benessere e in quello della società.
Perché come disse Nietzsche:
“Chi ha un perché abbastanza forte può superare qualsiasi come”.
Dott. Ermes Siorini
Counselor Coach Sociologo
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